Al momento della sua massima espansione, l’impero carolingio era formato da diversi territori assoggettati dai Franchi, alcuni dei quali, come l’Aquitania e il regno dei Longobardi, conservavano un carattere autonomo pur essendo parte dell’Impero. Anche in questi territori fu introdotto un sistema amministrativo in gradi di garantire l’uniformità del potere dei Franchi su tutto l’impero, permettendo al contempo a tali regioni di conservare, almeno in parte, le caratteristiche proprie. Perciò, all’interno dei diversi regni, vennero designate delle circoscrizioni pubbliche dette e comitati (comitatus), al cui interno un funzionario regio, il conte (comes), amministrava la giustizia, convocava e guidava l’esercito, faceva svolgere i servizi pubblici, riscuoteva tasse e imposte.
Mentre nelle zone di confine, come la Sassonia ad esempio, furono istituite le marche, territori più ampi coordinati da un marchese (marchio), in cui era particolarmente importante l’organizzazione militare. Inoltre, via erano territori caratterizzati da una forte identità nazionale, i ducati, assoggettati da poco e inglobati nell’impero in maniera non ancora stabile, come per esempio la Bretagna. Dunque, un organizzazione amministrativa di tipo statuale, in cui i singoli territori venivano assegnati a personaggi, i conti e i marchesi, legati al sovrano da un rapporto vassallatico-beneficiario, un rapporto che implicava una fedeltà e un assoggettamento personale a Re, il quale però, data la vastità del territorio, doveva scegliere per queste cariche tra i personaggi che nei singoli territori godessero già di un certo prestigio. Ma questo poteva non garantire la totale fedeltà e perciò, istituì un ulteriore rete di controllo, costituita dai Missi Dominici, funzionari già presenti in età merovingia, di cui Carlo Magno nell’802 ne riformulò il ruolo e ne fece uno dei fulcri dell’ordinamento imperiale. I missi erano nominati direttamente dal sovrano, erano aristocratici del regno ed erano sia laici che ecclesiastici, con compiti vari specificati di volta in volta, ma con quello principale di controllare il lavoro dei funzionari pubblici locali. Inoltre avevano il ruolo di portavoce diretto dell’autorità imperiale sul territorio, diffondendo anche le leggi emanate dal sovrano, i capitolari, così chiamati perché composti in capitula, appunto, ovvero articoli. Anche la gerarchia ecclesiastica era importante in questa organizzazione, in quanto ogni vescovo divenne missus nella propria diocesi.
Un’ulteriore strumento di controllo molto importante era l’immunità, che comportava la concessione da parte del sovrano ad alcuni proprietari, soprattutto ecclesiastici, della immunità della loro proprietà dal potere regio esercitato da funzionari pubblici del territorio.
La convivenza di questi numerosi centri di potere all’interno dell’impero carolingio fu possibile finché il sovrano fu un personaggio autorevole e carismatico, capace di mantenere efficiente questa rete sia di controllo che di rapporti personali che legava i personaggi principali direttamente alla persona del sovrano. Ovviamente questo comportava un fragile equilibrio a causa della frammentazione locale del potere.
Ma che cos’è il Feudalesimo? I termini “Feudalesimo” e “e feudale” sono stati utilizzati dagli storici e dal linguaggio comune per indicare le strutture politico e sociali dominanti nella società europea medievale tra VIII e il XIII secolo. Per molto tempo queste forme istituzionali, nella storiografia, hanno indicato le forme di organizzazione sociale, ovvero il fatto che le persone fossero legate da rapporti di fedeltà personale; le forme di organizzazione politica, cioè l’attribuzione a fedeli delle cariche pubbliche e le forme di organizzazione economica, ovvero il sistema curtense e lo sfruttamento economico dei benefici o feudi.
Queste efficaci forme di organizzazione sociale e politica si realizzarono nel regno dei Franchi tra il settimo e l’ottavo secolo e su di esse si fondò l’affermazione dei carolingi nell’Europa occidentale, durante il regno di Pipino il Breve e del figlio Carlo, diffondendosi poi, con la nascita dell’impero, nei vasti territori soggetti alla dinastia carolingia. Come abbiamo brevemente visto.
Dunque e in primis, con il termine “Feudalesimo” dobbiamo riferirci alle istituzioni feudo-vassallatico sorte tra i Franchi durante l’VIII secolo, anche se queste istituzioni avevano avuto degli antecedenti sia nel tardo Impero Romano, ad esempio con il patronato (la protezione data da un potente su chi gli era affidato), sia nel mondo Germanico con i fedeli armati o antrustiones di un capo. Ma, nella loro sostanza, le istituzioni feudo-vassallatiche sono una novità propria dell’VIII secolo in quanto il patronato Romano non prevedeva per il progetto obblighi militari, per esempio. Solamente il legame fra omaggio vassallatico e concessione del Feudo definì il carattere particolare dell’istituzione Franca, rendendo il servizio militare una funzione altamente specializzata, riservata a uomini che avrebbero con il tempo costituito un corpo separato nella società. L’incontro fra i due modelli di organizzazione sociale, quello dei Franchi basato sui rapporti personali e quello gallo-romano fondato sui rapporti di tipo pubblico, comportò una reciproca influenza culturale: da una parte divennero più importanti le relazioni clientelari nella selezione dei ceti dominanti, legati ancora alla tradizione romana, dall’altro emerse la necessità di codificare e di rendere più controllabili i rapporti personali che intercorrevano nella popolazione germanica dei Franchi. Questo processo culturale durò almeno due secoli e portò alla definizione formale dei rapporti vassallatico-beneficiari.
Il rapporto feudale era un contratto reciproco e personale fra il Signore e il suo Vassallo del quale ciascuno dei due era considerato un soggetto responsabile in toto. Uno si impegnava alla fedeltà, l’altro al mantenimento. Con il giuramento di fedeltà il Vassallo (dal latino vassus ovvero servitore), entrava nella clientela del potente, il quale si impegnava a mantenerlo o direttamente nella propria casa oppure indirettamente concedendogli fonti di reddito, come per esempio terre o altri beni di diversa natura. L’oggetto di queste concessioni venne chiamato con il termine latino di beneficium, cui nel tempo si sostituì il termine di origine germanica feudum, che significava bene o bestiame. Dunque, vassallaggio e omaggio in quanto, come confermato dalla terminologia feudale in lingua latina, il Vassallo che giurava fedeltà faceva un atto di omaggio (hominagium, hominaticum, homagium, commendatio) e dunque diventava uomo di un altro uomo. Aveva il compito di prestare servizio, soprattutto armato, al signore, di assisterlo nell’amministrazione della giustizia, di pagare le taglie per il riscatto se il signore fosse stato fatto prigioniero in guerra, ad esempio. Mentre il signore concedeva al suo Vassallo un beneficio o Feudo. I termini in latino e in Germanico indicavano lo stesso concetto, infatti il termine in tedesco significa oggetto prezioso, indicando per lungo tempo il bene prezioso per eccellenza delle popolazioni non stanziali e non dedite all’agricoltura, ovvero il bestiame. La parola, poi, assunse il significato di “Dono obbligante” ovvero un dono, appunto, che si fa per obbligare qualcuno ottenendone la fedeltà. La parola beneficio ebbe lo stesso significato, indicando i beni che il signore concedeva al Vassallo, ma li concedeva in uso precario e non in proprietà.
Possiamo però attribuire al termine Feudalesimo un secondo significato, del tutto diverso, per delineare i particolari rapporti economico-associati che intercorrono fra signori e servi. Il Feudalesimo si identifica con il sistema servile, ben distinto dall’antico sistema schiavile, in quanto sia lo schiavo che il servo erano privi di libertà, ma lo schiavo lavorava sotto il diretto controllo del padrone e riceveva da lui il proprio sostentamento; mentre il servo aveva dal padrone in concessione il terreno, che era, generalmente della dimensione sufficiente per mantenere una famiglia, ed egli forniva in cambio delle prestazioni: in lavoro, le cosiddette corvée, in natura è in moneta. Il servo, inoltre, aveva anche Il diretto possesso (ma non proprietà) dei mezzi di produzione e provvedeva autonomamente la propria sussistenza.
Si parla di Feudalesimo anche in un terzo importante senso, riferendosi all’evoluzione delle istituzioni politiche.
Anche se l’impero carolingio fu dominato dalle istituzioni feudo-vassallatico, l’autorità pubblica, il legittimo esercizio del comando sugli uomini, non veniva ancora identificata con il potere derivante dal possesso di un Feudo o di una grande proprietà terriera. Questo potere rimaneva in un ambito di diritto privato, anche se in realtà il signore aveva dei poteri penali sui suoi servi; ma non era l’eventuale possesso di un Feudo che attribuiva ai conti carolingi la titolarità di poteri pubblici, ma solo la delega del potere ottenuta dall’autorità regia. In questo senso, il fenomeno del Feudalesimo è originato dalla disgregazione dell’autorità regia, dalla frammentazione dei poteri pubblici e dalla crescente unione tra sfera privata e pubblica.
Ovviamente, i tre significati che abbiamo qui spiegato sono legati tra di loro.
Infatti, insieme al Feudo, il Vassallo riceveva anche dei contadini e aveva il diritto di prelievo sul prodotto del loro lavoro. La disgregazione del potere pubblico favorì i signori terrieri e i titolari di feudi militari e condusse all’asservimento dei contadini. Ma, dal punto di vista cronologico, questi tre aspetti che abbiamo individuato rimangono piuttosto distinti.
I feudi esistevano già nel VIII secolo ma il loro sviluppo cronologico non corrispondeva alla formazione della società servile.
In un articolo pubblicato nel 1929, lo storico tedesco Otto Hintze ha distinto chiaramente tre diversi fattori del Feudalesimo e il prevalere di uno solo di questi fattori caratterizza ciascuna delle tre diverse fasi del modello sintetico, con il quale Hintze spiegava l’ascesa e il declino della società feudale. Le funzioni del Feudalesimo qui descritte sono quella militare, quella economico-sociale e, infine, l’evolversi locale della nobiltà militare al signorile. Hintze ha scritto che ” se consideriamo nel suo complesso la storia dei popoli romano-germanici, possiamo rintracciare uno sviluppo del Feudalesimo in tre fasi principali, di cui ciascuna è caratterizzata dal prevalere di uno di questi fattori: la prima, un epoca del primo Feudalesimo, in cui domina il fattore militare e arriva fino al XII secolo; la seconda, un epoca del Feudalesimo sviluppato, in cui la nobiltà militare intensifica al massimo grado il suo potere politico, e questa fase arriva fino al XVI XVII secolo; la terza, un’epoca del Feudalesimo tardo, in cui l’interesse predominante della nobiltà si concentra sul mantenimento e lo sfruttamento della sua posizione economico-sociale, in qualità di signore terriero o fondiario, e questa fase arriva fino all’epoca della Rivoluzione francese e al superamento dell’antica Costituzione rurale nel corso dell’Ottocento.”
M. Bloch è l’autore invece di una delle più autorevoli sintesi sull’età feudale, cui diede il titolo “La società feudale” (1939-40), proprio con l’intento di evitare le ambiguità di questo termine di superare, quindi, la concezione delle istituzioni feudali in senso stretto. L’autore si domandava come un termine riferito a un bene per lo più terriero, caratterizzato da uno speciale regime di possesso e anche fonte di una serie di obblighi giuridici per un signore e un Vassallo, potesse addirittura indicare uno “stadio della civiltà”. Arrivò alla conclusione che l’espressione “Feudalesimo” dava adito a equivoci, ma che lo storico poteva continuare a servirsene, in quanto “le parole sono come monete molto usate; a forza di circolare di mano in mano, perdono il loro rilievo etimologico.” Infatti, scrisse, che ormai nell’uso corrente il termine stava ad indicare un insieme complesso di significati e immagini in cui il feudo, propriamente detto, non aveva più un posto in primo piano.
Trovo nel concetto di Feudalesimo un senso storico carico di significati importanti e momenti storici che sfumano tra di loro a caratterizzare un’epoca, pur se nelle sue diversità. Dunque, ritengo che non si possa ridurre ad un unico significato
Anna Lorenzini.
Bibliografia di riferimento:
– Scipione Guarracino, Storia dell’età medievale. Milano, Bruno Mondadori, 1992
– Massimo Montanari, Storia medievale. Roma-Bari, Editori Laterza, 2002
– Gabriella Piccinni, Il Medioevo. Milano, Bruno Mondadori, 2004
– Marc Bloch, La società feudale. Torino, Einaudi, 1949
– O. Hintze, Essenza e diffusione del feudalesimo, in Stato e società, Zanichelli, Bologna, 1980, p.58
– Ludovico gatto, Medio Evo, seconda edizione 2000, Monduzzi Editore (manuale universitario)