Stagione 1-1 UN GIORNO LENTO
Era strano.
Sembrava quasi un giorno lento, più lento del solito. Tutto era tranquillo, non era successo nulla di indimenticabile; gli stivali erano al loro posto, la rivoltella anche, il cappello, quel bancone, il boccale…
La sua pelle era quasi dorata, e con agitazione, seppur poco giustificata visti i ritmi blandi di lavoro, strofinava con forza le stoviglie. Una richiesta, o due al massimo, da servire e le giornate passavano una dietro l’altra.
Ma quella volta no.
Era un giorno lento.
Uscii con calma, osservando le punte degli stivali infangate, un po’ come se dovessi metterci del tempo a raggiungere la porta. Come se lo spostarsi facendo sbattere i tacchi sul legno del pavimento dovesse risuonare nelle orecchie di chi era presente, facendogli capire che mi stavo muovendo e che avrebbe dovuto fare attenzione.
Attenzione a cosa, poi? A non scontrarsi contro la mia spalla? A non incrociare il mio sguardo? Cosa mi rendeva così fanatico della mia presenza? Come se volessi essere, per un qualche motivo, temuto.
Ma qui, da temere, non c’era nulla. Neppure nei giorni lenti.
“Ci si rivede!”, disse. Come se dovesse augurarselo o come se non fosse scontato.
Sarei tornato, come al solito, prima della chiusura, per un ultimo goccio prima di disperdermi.
A volte, anche solo per osservarle il mento, o il collo.
Chissà se anche lei mi temeva. Ormai aveva accettato il fatto che passassi li del tempo, consumando, senza mai pagare. Eppure sembrava che, quasi, lo desse per scontato, che non avrei sborsato denaro.
Non le pesava, non ci faceva neanche caso, forse.
A volte, quando uscivo da lì, dopo averci trascorso del tempo e soprattutto nel primo pomeriggio, notavo una coltre di polvere riempire l’aria. I raggi del sole, non più alti all’orizzonte, evidenziavano le fini polveri alzate dagli zoccoli dei cavalli e dalle ruote dei carri e, capitava, che tra questi banchi, filtrassero dei raggi, come spade che infilzano corpi immobili, inesorabilmente dilaniati da cotanta potenza. In quei casi, e solo in quei casi, alzavo lo sguardo verso il cielo, con i miei occhi celesti, freddi come il ghiaccio, per sentire il calore vivo della potenza divina, che si faceva percepire a nostri deboli sensi.
La giornata, come al solito, sarebbe volta al termine a breve.
I cani randagi, che man mano avevano racimolato cibarie per superare la giornata, avrebbero fatto ritorno nei loro nascondigli, appena fuori le porte del villaggio.
di Fabio Valerio
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Stupendo…
Grazie di cuore!