Nato il 5 marzo 1943 a Poggio Bustone, in Italia, Battisti ha iniziato la sua carriera musicale negli anni ’60 come autore e compositore. Tuttavia, è nei decenni successivi che ha raggiunto il culmine del successo, diventando una figura chiave nel panorama della canzone italiana degli anni ’70 e ’80. Una delle caratteristiche distintive di Lucio è stata la sua capacità di mescolare generi musicali in modo innovativo. Dal pop al rock progressivo, ha abbracciato una vasta gamma di stili, creando un suono unico con la sua abilità nel trasformare le emozioni in melodie coinvolgenti. Tuttavia, non è solo la sua abilità musicale a renderlo una figura di spicco. Le sue collaborazioni con il paroliere Mogol hanno dato vita a testi profondi e significativi, che spesso affrontano temi universali come l’amore, la libertà e la ricerca di significato nella vita. La sua musica è anche dotata di una ricchezza poetica che la distingue in modo unico nel panorama musicale, grazie anche alla penna di Mogol.
La lirica “Il mio canto libero” riscopre il valore dell’amore e della passione che sono soffocati da questo mondo “che non ci vuole più”, ma è anche una canzone che trasmette un forte senso di emancipazione e ricerca della propria esistenza libera da condizionamenti esterni e convenzioni sociali, suggerendo una riflessione sulla libertà individuale. Qui voglio andare a ricercare qualcosa di più del significato che regala una prima lettura del testo, qualcosa che deve ancora emergere. La filosofia politica e sociale può esplorarne temi come la libertà personale, l’autonomia e il rapporto tra individuo e società, che non possono non richiamare Hannah Arendt (14 ottobre 1906 ad Hannover, in Germania – 4 dicembre 1975 a New York City, negli Stati Uniti), figura chiave nella filosofia politica del XX secolo, che ci invita a considerare la complessità del pensiero umano, focalizzandosi sulla dinamica tra la folla e la solitudine. Ci siamo, quello che cercavo! Nell’indagine di Arendt, la folla rappresenta l’ambito sociale in cui la pressione conformista può sopprimere la nostra capacità di pensare in modo autonomo. Al contrario, la solitudine diventa il luogo in cui il pensiero autentico può fiorire, lontano dalle influenze esterne. La filosofa ci guida attraverso una riflessione profonda sulla necessità di ritirarci in solitudine per permettere al pensiero di emergere. La solitudine, spesso malintesa come isolamento, diventa per Arendt uno spazio fertile in cui possiamo esplorare le profondità della nostra mente senza le interferenze della società e senza il pericolo di perdere la nostra individualità nel tumulto sociale. Nella visione di Arendt, il pensiero autentico si alimenta di un delicato equilibrio tra la partecipazione nella vita pubblica e l’isolamento riflessivo. La pluralità di prospettive emersa dalla folla arricchisce il dibattito pubblico, mentre la solitudine fornisce lo spazio necessario per elaborare pensieri originali e profondi. Non si tratta di mero dualismo tra folla e solitudine, ma di un’analisi profonda sulla complessità della loro interazione.
“Il mio canto libero sei tu
E l’immensità
Si apre intorno a noi
Al di là del limite degli occhi tuoi”
E infatti, già nei primi versi della canzone, è una relazione tu-io (io-altro) ad alzarsi sopra al mondo e a poter osservare l’immensità che si apre, quasi come una luce che si dischiude dall’oscurità:
“E la verità (Boschi abbandonati)
Si offre nuda a noi (Perciò sopravvissuti, vergini)
E limpida è l’immagine (Si aprono)
Ormai (Ci abbracciano)”
Un profondo simbolismo tra “luce” e “buio”, tra conoscenza e ignoranza o tra la consapevolezza e l’oscurità dell’esistenza. Analizziamo questo aspetto della canzone in un contesto filosofico più ampio.
Nel contesto della filosofia, certamente, la metafora della “luce” può essere associata alla conoscenza e all’illuminazione intellettuale, che trova riscontri in tradizioni filosofiche che vedono la ragione e la comprensione come fonti di luce che dissipano l’oscurità dell’ignoranza. Ad esempio, nella filosofia platonica, la luce della conoscenza emerge dall’oscurità delle ombre percepite nella caverna. E se fosse invece il pensiero collettivo che emerge proprio grazie a quella sana solitudine arendtiana così poeticamente descritta nel volo altissimo del canto libero di Battisti? La mia filosofia del dialogo sguardo interiore – sguardo esteriore, la dialettica singolo-pluralità, pilastro del mio pensiero, si esprime anche in questa comparazione, che inizialmente poteva sembrare azzardata, tra un cantautore e una filosofa. Mentre Arendt sottolinea l’importanza della “pluralità” umana e della diversità di punti di vista nella sfera pubblica, cui mi aggancio apertamente, la canzone potrebbe essere vista come un’espressione di questa pluralità, sottolineando la bellezza della diversità nelle espressioni individuali, un canto alla dimensione pubblica dell’espressione personale, evidenziando il ruolo della musica e dell’arte nel creare connessioni all’interno della sfera pubblica e nell’incoraggiare la comunicazione aperta e autentica.
“Nuove sensazioni
Giovani emozioni
Si esprimono purissime in noi”
Per me, è sempre la relazione al primo posto in questa vita, in questo mondo, non si può prescindere da essa, anche quando siamo soli siamo in relazione con noi stessi, con l’ambiente intorno a noi. La ricerca del “canto libero” diviene metafora della ricerca del Sé autentico, che Battisti vuole libero dalle maschere sociali e dalle definizioni esterne, ma non lo fa da solo nella canzone, proprio perché, io credo, l’interazione con l’altro non può cessare e l’intersoggettività è la chiave nella costruzione dell’identità individuale e collettiva. Condivido con Hannah Arendt l’importanza del dialogo e della condivisione del pensiero, che raggiunge la sua massima potenzialità quando è arricchito attraverso il confronto con le prospettive dell’altro. Questo approccio plurale alla conoscenza permette all’ego di esplorare le molteplici dimensioni del mondo e di tentare di comprendere il significato delle proprie azioni e delle azioni altrui.
“Il mio canto libero sei tu”
Anna Lorenzini.
BIBLIOGRAFICA FILOSOFICA DI RIFERIMENTO
- H.ARENDT, Vita activa. La condizione umana, trad. it. di S.Finzi, Bompiani, Milano 1997H. ARENDT, La vita della mente, Il Mulino, stampa del 2022.
- H. ARENDT, La vita della mente, Il Mulino, stampa del 2022.
Adoro questa canzone ma l’ho sempre vista come desiderio impellente d’amore questa “esplorazione”filosofica mi ha dato modo di spaziare credo che la solitudine serva per ritrovare se stessi e nuove idee ma l’interazione con altri individui ne completa il pensiero. Meraviglioso quello che hai scritto.
Grazie cara. Sapevo che in primo impatto l’accostamento può apparire azzardato, ma poi non è così…