Il genitore moderno ha capovolto i rapporti familiari.
Generalmente nella dinamica genitore-figlio è il figlio che prova l’esigenza di sentirsi amato dal genitore, è il figlio che ricerca l’approvazione di mamma e papà, è il figlio che ha bisogno di sentirsi amato dai propri genitori. Oggi questo rapporto è capovolto e sono quindi i genitori a sentire l’esigenza di sentirsi amati dai loro figli a causa dell’idea malsana di dover eliminare qualsiasi disagio al bambino, della convinzione che contrattare un desiderio del figlio corrisponde ad entrare in conflitto con il figlio. Per dimostrargli comprensione, si finisce con l’assecondarli in tutto.
Il concetto di comprensione è assolutamente giusto ma ciò non significa che non si possa dire di no! Comprendere non significa assecondare, comprendere, significa essere in grado di capire l’emozione, il sentimento che sta provando, e in questo caso distinguerlo dal comportamento più o meno consono che sta attuando per esprimere il suo dissenso o manifestare un’esigenza e comportarsi di conseguenza. Comprendere è una parola carica di pathos, è prendere con, includere, contenere: “il tuo comprendo” ovvero “io ti prendo con… Me”, potremmo dire, come un abbraccio che è molto importante ed è carico di significato. Ma comprendere non significa viziare. “Ti comprendo nel sentimento ma ti educo nel comportamento”, cosa c’è di più bello da dire a un figlio?!
Per combattere la figura del genitore rigido, quello che non è in grado di comprendere i figli, i loro sentimenti e le loro esigenze, per contrastare il concetto del genitore che non li ascolta e che decide in modo esclusivamente suo per loro, siamo arrivati a sconvolgere totalmente questo rapporto e il bisogno di riconoscimento è diventato il bisogno dell’adulto.
Come sempre e come dicevano gli antichi, in medio stat virtus, perciò non è raccomandabile essere una figura genitoriale rigida, ma non è buono, anzi è totalmente fuorviante e nocivo, un genitore”morbido” che per sentirsi accettato e amato dai propri figli li accontenta in ogni richiesta, li educa al sentirsi assecondati e soddisfatti in tutto. Oggi, il genitore ha smarrito il suo ruolo, al quale non viene dato un barlume del riconoscimento che merita, e questo si rispecchia inevitabilmente nella società e nelle figure intorno ai bambini e ragazzi, come per esempio maestri e professori, che sostituiscono la figura del genitore fuori da casa. In questo modo, la funzione educativa viene affidata solo all’esterno della famiglia, ma rimane estremamente difficile riconoscere una figura “estranea” come autorevole se il bambino non riconosce questa autorevolezza nemmeno ai propri genitori. Se il bambino cresce in questa dinamica distorta, in cui è lui a detenere il potere, è lui a decidere ed è lui quello di cui devono essere soddisfatte le esigenze, in maniera del tutto normale questa dinamica viene riportata, viene richiesta anche al di fuori della famiglia, provocando non pochi problemi anche nella società e nel rapporto con gli altri. I genitori, per eliminare il disagio al figlio e per evitare il conflitto con il figlio, adottano un dialogo che in realtà è una “contrattazione” tra pari surreale e inappropriata, perché è gravissima sotto ogni aspetto: mentre uno si innalza di livello l’altro si abbassa. Infatti, il bambino, durante la contrattazione, si crede al pari del genitore e sullo stesso livello decisionale, l’adulto, invece, che dovrebbe saper decidere da sé ed indicare qual è il bene per il figlio, si abbassa al livello del bambino in un momento in cui questo non è necessario, perde autorevolezza e agli occhi del figlio appare alla stregua di un amichetto. Questa dinamica che comprende la contestazione della decisione dell’adulto, la contrattazione, la pretesa del perché e del come, porta il piccolo alla convinzione di poter decidere, di potersi inserire nelle decisioni dei grandi e di poterle contestare, Insomma di poter dire la sua sempre e comunque!
I bambini vanno compresi, vanno accolti e vanno ascoltati, ma ciò non significa che debbano essere posti sul piano dell’adulto, che debbano decidere tutto loro, che si debbano sostituire ad un genitore. Non devono essere considerati “grandi”. Un genitore deve mettere regole e deve prendere decisioni e soprattutto deve stabilire dei confini che sono invalicabili! Non deve essere autoritario e per non esserlo deve saper distinguere tra i sentimenti e le emozioni, tra ciò che il bambino prova, e il comportamento che il bambino ha. Capito questo, e i genitori lo sanno fare, si può spiegare al bambino che comprendiamo (per ripetere il concetto) ciò che sta provando a livello emozionale, ma che correggiamo il comportamento con cui manifesta quella emozione. Dobbiamo sapere insegnare ai nostri figli a distinguere tra i sentimenti e comportamenti, bisogna (e anche qui ritorno sulle emozioni e la loro importanza) insegnargli che esistono anche le emozioni negative, che bisogna saperci convivere e che bisogna accettarle e che non vanno manifestate con atteggiamenti inappropriati. Non è brutto provare un sentimento di rabbia o tristezza, tutti i sentimenti sono ben accetti, ma non tutti i comportamenti sono ben accetti perché ci sono delle regole, perché esistono gli altri e questo è un modo per insegnare il rispetto dell’altro. Bisogna che il bambino abbia fiducia nei propri genitori, nelle decisioni che essi prendono per lui, finché non sarà in grado di prenderle da solo, ma in questo modo non l’avrà!
In conclusione, ma non è un argomento che si conclude con un articolo, non esiste il genitore perfetto così come non esiste il figlio perfetto, però tra i due la funzione educativa appartiene al primo, e non può e non deve essere il contrario. Il genitore, proprio per l’amore che prova, deve essere in grado di educare il bambino ad essere, in futuro, un adulto preparato a stare al mondo, un adulto che non si aspetta che tutti siano pronti a soddisfare i propri desideri, perché gli altri esistono e anche i loro desideri, perché si vive in società e prima o poi si scontrerà con chi gli dirà di “no”, e se non sarà pronto a riceverlo, allora vivrà il vero disagio.
Anna Lorenzini.
Un articolo a far leggere ai genitori
Vero… Grazie mille per il commento.