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Caffè filosofico / Scienze motorie e sport

La ripresa dello sport.

- 26/05/2021 | 01/06/2021 - Anna Lorenzini

Il livello della comunicazione mediatica è imbarazzante, ma non solo, perché sono giorni che “gli appartenenti a questo settore” lamentano pubblicamente sui social la difficoltà dello sport di risollevarsi da terra e che c’è bisogno che la gente vada ad allenarsi nelle strutture adesso che hanno riaperto. Chiariamo una cosa: la gente non è il nostro bancomat e non è questo l’unico settore in difficoltà. Dopo un anno di fermo quasi continuativo per la maggioranza dei settori e della popolazione, non si può sbraitare contro chi decide di continuare ad allenarsi all’aperto, non si ha alcun diritto di proferire parola! Sono scelte individuali che non ledono nessuno e che possono dipendere da diversi fattori, ma sicuramente quello economico può incidere maggiormente.

Parliamo degli insegnanti che, lo spero vivamente, si sono resi conto cosa significa essere veramente imprenditori di se stessi in un momento così difficile, e parlo per chi ha continuato a lavorare, o almeno ci ha provato, nonostante le difficoltà di questo anno. C’è chi non ha aspettato il bonus sportivo, c’è chi si è impegnato in un altro lavoro e chi si è reinventato il proprio lavoro. Spesso la frase “essere imprenditori di se stessi” nel settore del Fitness è stata usata impropriamente per giustificare contratti inesistenti, partita IVA senza alcun motivo, ed è stata la frase-potere di imprenditori che, forti dei contratti sportivi (contratto inesistente!), si sono trovati liberi da ogni responsabilità morale e civica e, come il caro Ponzio Pilato, sene sono lavati le mani. Oggi, ho visto molti trainer continuare, nonostante la riapertura, con le lezioni all’aperto e questo dimostra che finalmente c’è una presa di coscienza del valore del lavoro, del diritto del lavoro e dell’assurda situazione in cui naviga il settore sportivo. Le difficoltà, in cui si sono trovati improvvisamente tutti i professionisti dello sport, hanno puntato il faro sulla situazione lavorativa che, a prescindere dal COVID e che il COVID ha solo fatto emergere, era disastrosa anche prima. Ma, a ragion del vero e senza schieramento alcuno, se ho avuto la “penna pesante” con proprietari, gestori ed imprenditori delle palestre, non posso non averne per gli istruttori, che hanno dimostrato menefreghismo finché non si sono trovati in difficoltà vera, si sono dimostrati più artefici che vittime dell’irregolare posizione lavorativa e hanno accettato con comoda omertà che il professionismo non fosse importante, che si poteva svolgere questo lavoro senza preparazione alcuna: quale modo migliore per degradare il concetto stesso di lavoro? Nonostante il problema del lavoro sia una grave lacuna del nostro paese e della nostra classe politica, che sembra non avere alcuna intenzione di risolvere, quello che è mancato al settore fitness è la consapevolezza che si tratta di lavoro, confusi dalla passione e dal divertimento che caratterizza questo settore, a differenza del concetto di lavoro che ha una storia fatta di lotte per la conquista di diritti e supportata, per esempio, dalla presenza dei sindacati, che lo sport non ha. E con questo ho detto tutto, in realtà.

Tornando all’argomento iniziale, non trovo nulla di male se, ad esempio, chi andava in palestra a fare una camminata sul tapis roulant la stessa camminata se la fa all’aperto, sul terreno reale dove tra l’altro il risultato è ben diverso, anche con una “semplice” camminata.
Ora, l’importanza di allenarsi è un dato reale, ha risvolti psicosomatici positivi e dunque ne deriva l’importanza che svolge per il benessere psicofisico della persona la “palestra “, proprio per la sua funzione aggregante e non solo come luogo di allenamento e per la sua funzione divertente; ma non si deve pubblicizzare il ritorno nelle strutture affermando che si deve andare in palestra altrimenti ci di fa male e criticando chi non lo fa(perché poi li voglio vedere i professionisti!), perché è solo una manipolazione comunicativa per far entrare le persone in un momento difficile per tutti. Certo, e per fortuna, che ci sono professionisti capaci e con ottime qualità, ma molti sono anche là fuori perché nelle strutture, alcune, non ci possono tornare, perché il pagamento è inadeguato o perché la palestra non ha potuto riconfermare l’accordo. Inoltre, la maggior parte delle persone non fa dello sport e del movimento il proprio stile di vita e non vedo gente “uccidersi” di piegamenti o squat, non vedo gente farsi male perché fa attività fisica; vedo gente farsi male perché no la fa o perché segue trainer inadeguati all’insegnamento! E, cosa non meno importante, in questo periodo fisiologicamente inizia un calo della frequenza in palestra, perciò lamentarsi, addossando al colpa alla tarda riapertura, non ha senso ed è falso. I mesi, anzi quasi un anno, di fermo delle attività sono la causa del mancato lavoro, dei fallimenti, dei lavori persi e delle difficoltà economiche, non della poca presenza di in palestra.

Certo, per allenarsi, non è il caso di improvvisare se non si è esperti, lungi da me affermare questo, ho insegnato per 20 anni e ancora seguo le persone nelle sedute private. Ma che la popolazione sportiva non sia la maggioranza, purtroppo, è un dato di fatto e la popolazione totale si divide tra chi è sedentario, chi è sportivo e si allena con un trainer, chi comunque da solo sa come allenarsi, perché è un appassionato che ha studiato e si è informato e magari consigliato con trainer preparati, e chi invece è totalmente impreparato ed effettivamente ha bisogno di essere seguito. Però pubblicizzare tutta questa garanzia che “nella palestra” si è seguiti al top è una manipolazione comunicativa, dal momento che la qualità e la professione si pagano, quando ci sono, e oggi le palestre non sono disposte a pagarla affatto questa qualità e non è colpa del covid, ma già prima era in atto questo processo. La situazione attuale ovviamente mette a dura prova anche i più onesti e chi prima poteva permettersi una certa qualità di forza lavoro probabilmente oggi lo fa a fatica, ma ricordiamoci che non è solo il settore sportivo, del wellness e del fitness in queste acque.

Allora, lasciamo fare ad ognuno ciò che vuole ed allenarsi dove vuole, nel rispetto di tutti, degli altri colleghi, degli altri professionisti e degli allievi cui semplicemente piace il prato e il sole, perché siamo stati un anno chiusi ed è normale voler uscire all’aria aperta! Per non commentare la contraddizione e la falsità con cui prima si incitava all’attività fisica all’aperto, perché le palestre erano chiuse, e adesso si incita a non allenarsi all’aperto con la scusa che da soli ci si fa male! Bisogna considerare e analizzare i dati veri e non fare congetture, il calo di frequenza in palestra, in questo periodo, è sempre esistito ed è fisiologico. Che si sia riscoperto un amore per la natura e per l’allenamento en plein air è solo un bene, in molti paesi europei e non solo è sempre stato molto diffuso. Credo che ritrovare il contatto con la natura e con l’ambiente possa solo farci bene e l’augurio è che i trainer abbiano preso davvero coscienza dell’importanza del loro lavoro e del fatto che, al momento ancora, sono da soli, e mi auguro che siano, dunque, sempre di più a fare la scelta coraggiosa di lavorare da soli all’esterno, dimostrando di aver compreso, di aver preso coscienza e consapevolezza della loro forza e della dignità di questa professione. E così non si potrà più dire che chi si allena all’aperto si fa male perché avrà un trainer professionista a seguirlo.

Anna Lorenzini.

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