SECONDO CLASSIFICATO CATEGORIA RACCONTI BREVI – CONCORSONE SIMPOSIO2021
Bagagli pronti, biglietto stampato. Anno nuovo, vita nuova, no?
Tra qualche settimana potrò iniziare quest’avventura, non sto nella pelle. Lione, arrivo!
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Ho avvisato i miei amici francesi di aver dovuto rimandare la partenza di qualche giorno. Sto notando dei problemini alla vista, anche se non sto trascorrendo più ore del solito al computer. Per sicurezza, ho prenotato un controllo oculistico prima di andare. Non saranno un paio di giorni a fare la differenza.
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Non posso crederci, non è possibile.
Il problema alla vista è dovuto alla pressione sanguigna troppo alta. Il cuore ha subito uno sforzo enorme e prolungato perché ho un’insufficienza renale gravissima. Non c’è modo di salvare la situazione, devo iniziare la dialisi e ho bisogno di un trapianto. Quanto meno, essendo giovane, ho una priorità elevata, però devo restare qui.
Avevo bisogno di partire, ci speravo tantissimo. Volevo un posto tutto mio, nuovo, un lavoro, rivedere i ragazzi.
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Spiegare ai miei amici tutta la situazione è stato stranissimo. Parlandone, l’ho percepita più vera, più reale. Mi sono sentito malato, persino diverso.
Non ho voglia di niente, di fare niente. Non ho nemmeno troppa voglia di vedere o sentire nessuno. Chi sa della cosa, però, è preoccupato e presente. Non posso sparire, apprezzo la vicinanza, ma ho bisogno di staccare da tutto.
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La dialisi a casa mi preclude ogni uscita serale e notturna. Posso approfittare solo del giorno per cercare di avere una sorta di vita sociale, anche se gli impegni dei miei amici rendono difficile incontrarci. Almeno esiste Internet, possiamo sentirci per messaggi o in chiamata, oppure giocare online insieme.
Sto perdendo tanti chili. Devo arrivare in forma al trapianto. Non ero così magro da anni, ne ho approfittato per rifarmi il guardaroba. Con la scusa di andare per negozi, sono uscito un po’ di più, sia con i miei amici, sia con qualche ragazza.
Mi sento un po’ Cenerentola, però. Il coprifuoco della dialisi mi limita nelle uscite. Posso dedicare meno tempo di quanto vorrei ai rapporti umani. E mi sento spesso troppo stanco. Mi piacerebbe avere una persona accanto, ma significherebbe costringerla a sobbarcarsi anche i miei problemi in quelle poche ore disponibili. Se trovassi una ragazza di cui potermi fidare, potrei provare a pagare mezzo affitto con quello straccio di pensione d’invalidità, ma dovrei essere certo che, in caso di necessità, possa aiutarmi, anche solo chiamando un’ambulanza.
Non è per niente semplice, è una grande responsabilità. Sulla base di cosa posso fidarmi di qualcuno che non ha un’idea concreta e diretta della malattia?
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Nuovi controlli hanno peggiorato il mio quadro clinico. Il cuore non riesce a lavorare bene. L’amiloidosi e la rara malattia di Castleman mi stanno uccidendo. Ho una bomba a orologeria dentro di me, i medici possono solo provare a rallentarla. Ogni possibilità di ricevere il trapianto è sfumata all’improvviso. Il mio corpo distruggerebbe il nuovo rene in pochissimo tempo.
Avevo affidato ogni speranza al trapianto, invece mi sono ritrovato una prescrizione per farmaci chemioterapici.
Sono solo, nonostante la famiglia e i miei amici. Nessuno di loro, però, sta vivendo tutto questo sulla propria pelle.
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Ho iniziato a parlare più facilmente con tutti della mia condizione. Ho bisogno di essere compreso, ma non voglio compassione. Mi rendo conto, però, che non arriverò mai alla vecchiaia. Sono sempre più stanco, nel corpo e mentalmente. Uscire, passeggiare, salire le scale, ogni sforzo mi pesa tantissimo.
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Il cuore è perennemente affaticato, quindi ho dovuto interrompere la dialisi a casa e farla in ospedale. La mia settimana si è dimezzata. Durante i giorni di dialisi sono troppo affaticato per fare qualsiasi cosa. In compenso, posso organizzarmi qualche uscita serale. Non riesco comunque a stare troppo tempo in giro. Cenare fuori è complicato, devo evitare alcuni cibi e posso bere pochissima acqua, a causa della dialisi.
Perché tutto a me? Perché tutto insieme? Cos’ho fatto di male per meritarmelo?
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Sono stato operato al cuore. Una valvola non funzionava a dovere. La ripresa è stata dura, ho dovuto indossare un busto parecchio opprimente, ma almeno tutto è andato per il verso giusto. A breve, potrò uscire di nuovo. Ne approfitterò per andare in spiaggia.
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L’ultimo intervento è stato inutile. Il cuore ha dato nuovi segni di cedimento e altri tentativi chirurgici sarebbero inutili. Le altre patologie vanificano l’operato dei medici.
Sono ostaggio del mio corpo, posso condurre una vita molto limitata e non so nemmeno per quanto durerà. È asfissiante.
Non mi è concesso sognare, sarebbe inutile programmare un qualsiasi futuro. I tempi in cui la speranza del trapianto mi sosteneva sembrano lontanissimi. Avevo la sensazione di vivere un periodo passeggero, di star affrontando qualcosa che, in futuro, avrei ricordato solo come una pessima parentesi della mia esistenza.
Non riesco a darmi pace. Provo a ridere e scherzare, ipocriti tentativi di rivivere una normalità passata. Non voglio piangermi addosso o darmi per finito prima del tempo, ma percepisco chiaramente che qualcosa stia svanendo, giorno dopo giorno.
Avrei voluto fare tante cose, avrei voluto una vita normale, godermi la gioventù.
Chiedevo troppo?
Alessandro Carrozza
@alessandrocarrozza91 su Instagram