Il 26 gennaio abbiamo fatto un’intervista dedicata a questo autore e al suo libro, che sta avendo molto successo: Nemesi. Avendo terminato la lettura ed essendo stata l’intervista molto interessante, mi sembra opportuno fare il punto della situazione e dedicare una recensione al libro.
Nemesi è un romanzo Fantasy distopico che ci regala un mix di fatti reali e inventati. Ambientato durante la prima guerra mondiale, descrive la brutalità della guerra e l’impressione di una Europa devastata da questo evento, in un mix di amore e mistero. Con un finale che rimane aperto, il libro induce, inevitabilmente, alla riflessione sull’uomo e il suo rapporto col mondo e con la tecnologia ( e il suo rapporto con il mondo a causa della tecnologia), evidenziando come l’essere umano, per ottenere potere e dominio, spinge la tecnologia a un punto tale da pagarne egli stesso le spese. Infatti, nella Londra del 1914, il protagonista, Erik, e gli altri due personaggi principali che lo affiancano, lavorano sulle nuove tecnologie nucleari, ma la storia della civiltà umana viene messa in dubbio dalle rivelazioni che, i personaggi stessi, stentano a credere. Erik, vivendo e osservando la devastazione che comporta la grande guerra è pervaso da un dolore che possiamo noi stessi percepire, durante la lettura; una lettura fluida che segue una storia avvincente e coerente. Non vi anticipo altro.
Non amo fare recensioni se non comportano una qualche riflessione, se non suscitano in me ragionamenti costruttivi, ed è per questo che mi trovo qui a scrivere. In un’intervista che è volata via cercando di toccare i punti salienti di questo romanzo, non poteva mancare la domanda per eccellenza che tutti noi scrittori poniamo a noi stessi e gli uni agli altri, ovvero perché scriviamo? Per Paolo, così come per tutti noi, la scrittura è qualcosa che “viene da dentro e non sai perché, ce l’hai e basta, hai bisogno di scrivere”. La scrittura ti viene a trovare, ti travolge completamente l’anima e ha bisogno di sprigionare questa stessa anima all’esterno, attraverso “la penna”. A questo, poi, si aggiungono le motivazioni soggettive: dal voler condividere un’esperienza personale, in un libro in parte autobiografico, che possa essere d’aiuto agli altri, al voler inviare un messaggio ai lettori; dal voler suscitare riflessioni su tematiche importanti al voler “semplicemente” emozionare, cosa non affatto semplice.
Le tematiche affrontate, dunque, da Nemesi riguardano, oltre la guerra e il dolore che essa comporta, anche la distruzione vista con gli occhi del protagonista che soffre e che, nel viaggio con se stesso, vive il suo cambiamento. Primo fra tutti, tema a me molto caro, in Nemesi emerge con prepotenza il problema della tecnologia, come dicevo prima. L’uomo che vorrebbe primeggiare sul mondo e sulla natura, anche a danno addirittura di se stesso.
La mia riflessione è: tecnologia, Dio o Demone? La percezione che l’uomo ha della tecnica oscilla tra questi due estremi, Dio oppure Demone, idolatrata oppure demonizzata, viene percepita, da un lato, come tremenda, dall’altro, come stupenda. Per la filosofia, per cui esiste solamente il divenire, come ci fa osservare Nietzsche, la verità indubitabile e i valori assoluti di prima (di questa filosofia del divenire) non possono più esistere e non sono ammissibili, proprio perché se il divenire è evidente allora l’immutabile, per esempio Dio o un qualsiasi principio cosmico assoluto, non può esistere; dunque, come afferma il filosofo “Dio è morto”, intendendo con questo che è morto qualsiasi valore morale o assoluto.
Questo ha dato all’uomo la convinzione di poter fare come vuole, come Nemesi ci rappresenta bene, di poter manipolare il mondo con la “tecnica “, per cui oggi l’uomo chiede alla tecnica quello che prima chiedeva a Dio, o alla Natura. L’uomo, basandosi sulla scienza, ha rinunciato alla verità indubitabile e ha chiesto alla scienza (téchne, gr) la salvezza. Salvezza però che con la tecnica è irraggiungibile, altrimenti sarebbe un valore assoluto che darebbe un risultato certo, e così la tecnica, non potendo salvare il mondo e l’uomo, li sostituisce con elementi sempre più tecnici.
Dunque Dio o Demone? Di certo la tecnologia ha portato con sé la fine della Natura, del naturale, e quindi di un principio Assoluto, temuto, una legislazione indiscutibile di valori e questo provoca una chiusura nei suoi confronti, fino a percepirla come cosa totalmente negativa e quindi demone. Una chiusura che si avvale degli stessi strumenti della Scienza, per esempio i social, che vengono usati proprio per criticarla. D’altro canto, esiste la convinzione che la tecnologia possa risolvere qualsiasi problema umano, esiste l’essere umano che è affascinato dalla tecnologia e questo comporta un’accettazione fideistica della scienza, la quale qui è idealizzata come un Dio. Ma la tecnica realizza il suo proprio potere indipendentemente da quale delle due parti scegliamo, e, come spesso accade, i due estremi sono entrambi nocivi per chi li segue ciecamente e comportano problemi relazionali con chi la pensa diversamente da noi; e oggi ne abbiamo un esempio eclatante.
Ho già parlato degli effetti nocivi della tecnologia, dei social e di internet, sui ragazzi, i quali hanno una mente plasmabile fino all’età di 25 anni circa, ma dobbiamo pur considerare il supporto che la scienza può e deve darci, e credo che questo sia il vero senso del suo esistere. Non dimentichiamoci che si tratta di ricerca che nasce dall’uomo, per migliorare la qualità di vita. Non bisogna mai perdere di vista il fatto che è l’uomo che crea la tecnologia, che dà vita alla scienza con la ricerca, è la mente umana che crea la tecnica, non è un’entità a sé stante, un Dio in cui credere o un Demone da temere, ma è l’ingegno che genera scoperte al solo fine di essere utili all’umanità. Nel mito di Prometeo, la tecnica viene donata agli uomini dagli dei, io dico che viene regalata agli uomini da chi, tra loro, ha una mente illuminata, ma in ogni caso rimane un mezzo che non deve dominarci e che dobbiamo invece essere noi in grado di dominare.
La mia non è una semplice recensione, lo so, non amo fare i riassunti di libri e semplicemente consigliarli. Ringrazio, quindi, Paolo per aver “prestato” anche in diretta il suo romanzo a me e alle mie digressioni filosofiche. Riflessioni che di giorno in giorno affronto per creare insieme agli altri un pensiero critico, costruttivo, sulla direzione che stiamo scegliendo di prendere come umanità, in modo da poter suscitare e far rinascere il dubbio in tutti noi, per ritrovare la domanda: “È giusto o è sbagliato?”, o ancora: “È umano o disumano?”. Sono domande che non dobbiamo mai smettere di porci.
Anna Lorenzini.
Revisione di Fabio Valerio.
Sono commosso. Tutto perfetto, davvero. Dio è morto come ha scritto Guccini e han coraggiosamente cantato i Nomadi. In quel testo c’è molto di filosofico e reale e aver avuto la fortuna di ascoltarlo e cantarlo mi ha aiutato a formare certi concetti e pensieri.
La tecnologia possiamo ormai dire che è indispensabile per molti versi, ma solo se utilizzata nella maniera gusta e se fosse per tutti. Il mondo non è bello dietro uno schermo, ma davanti ai tuoi occhi quando puoi sentirlo e assaporarlo. L’uomo non può vincere tra acciaio e cemento e finché non imparerà a rispettare la vita vedremo sempre il “fumo salire lento” come suona la canzone Auschwitz.
Grazie Paolo, parole vere “il mondo è bello davanti ai tuoi occhi”…