Skip to content
Benvenuto
  • CHI SIAMO.
  • Contatti
  • Cookie Policy

L.A.Filosofia

SIMPOSIO2021

  • SIMPOSIO2021
    • Calendario dell’avvento… Del Simposio2021
    • Simposio2021
    • (all)Amo i libri!
    • Recensioni
    • Fautore D’Autore
    • Contest
  • FILOSOFIA
    • L.A.Filosofia a cura di A. Lorenzini
      • La lavagna filosofica
      • Caffè filosofico
      • Antropologia filosofica
  • LETTERATURA
    • Scrittura a cura di F.Valerio
      • Un giorno lento
      • Doltish dirt cheap
    • Racconti
    • Pensieri sparsi
    • Giovani scrittori
  • POESIA
    • Pensieri in versi di F. Valerio
    • L.A.Poesia raccolta di Anna Lorenzini
  • PEDAGOGIA
    • Educazione in rete a cura di C. Brasacchio
  • L.A.Storia
    • La lavagna storica
  • MUSICA
    • Musica
    • Le BioIndie
  • Scienze motorie e sport
  • CONSULENZA
    • Consulenza Filosofica
    • Consulenza pedagogica
Consulenza / Consulenza Filosofica / FILOSOFIA

Sull’intelligenza emotiva

- 30/03/2022 | 06/04/2022 - Anna Lorenzini

Abbiamo già trattato questa tema e trovo giusto ritornarci per aggiungere qualche riflessione.

Per definire correttamente ciò che intendiamo per intelligenza emotiva, è necessario prima analizzare due grandi concetti che la compongono: intelligenza ed emozione. L’intelligenza è quella capacità di pensare in forma astratta, di conoscere e adattarsi alle esperienza con rapidità, mentre gli stati emozionali sono i sentimenti che occupano la coscienza e i pensieri in forma automatica senza sforzo e senza che si possano controllare o evitare. Per molto tempo si è discusso dell’intelligenza fosse un concetto unitario o se esistessero varie forme di intelligenza, ugualmente esiste un accordo tra le emozioni basiche dell’essere umano: ira, tristezza, allegria, amore, vergogna, avversione, eccetera. Le emozioni, che possono essere sia positive che negative, sono dei mediatori complessi tra il mondo esterno e il mondo interno che variano da soggetto a soggetto, in quanto possono essere più o meno piacevoli per una persona, in base alla compatibilità con il sistema di credenze e le norme sociali di riferimento della persona stessa. Esse non sono attivate su una base oggettiva perché non è l’evento di per se stesso che le provoca, ma l’interpretazione che ognuno di noi dà all’evento, e quindi sono attivate dalla lettura che diamo a quel determinato evento. Le emozioni richiamano o generano ciò che in psicologia si chiama “risentito”.

L’intelligenza emotiva è quella con cui analizziamo il meccanismo delle emozioni umane, i nostri sentimenti e quelli degli altri; è la capacità con cui riusciamo ad agire di conseguenza a questa analisi e al riconoscimento delle nostre e altrui emozioni. Concetto che trova appieno il mio consenso in quanto comporta come, grazie alla QE , l’uomo guarda l’uomo, l’uomo osserva le emozioni dell’altro per comprenderle. Perciò, una delle caratteristiche dell’intelligenza emotiva è l’empatia, ma anche gentilezza, ironia, umiltà, disponibilità, voglia di lavorare.

Da una parte, si presuppone che le emozioni siano presente sempre nella vita in ogni momento è una buona gestione delle emozioni in porta sicuramente al raggiungimento degli obiettivi che ognuno di noi si prefigge. Dall’altra parte, l’intelligenza ha un aspetto sociale legato alla gestione di queste emozioni e quindi l’intelligenza emotiva si riferisce alla gestione delle emozioni per regolare il comportamento di una persona: perciò intelligenza più emozioni uguale intelligenza emotiva. In molti hanno trattato l’argomento e troviamo due teorici che hanno proposto l’idea dell’esistenza dell’intelligenza emotiva nel 1990 e sono Salovey e Mayer, che la definiscono come la capacità di percepire le emozioni, di comprenderle, per regolarle e attuare una crescita intellettuale ed emotiva.

Tuttavia, l’intellettuale più famoso a trattare l’intelligenza emotiva e Goleman che nel 1995 pubblica il suo libro “Emotional intelligence”, col quale conia il termine punto di intelligenza emotiva. Questo sarà il punto di partenza di ulteriori indagini e approfondimenti riguardo questa tematica da parte di molti ricercatori. Goleman definisce l’intelligenza emotiva come quelli insieme delle competenze, sia personali che sociali, in cui hanno ruolo fondamentale le proprie emozioni, la loro conoscenza e il loro controllo. L’intelligenza emotiva dà risultati positivi sulle relazioni personali con gli altri e anche con se stessi, e questi risultati si manifestano in una sensazione di gioia e ottimismo, ma anche attraverso il successo sul lavoro nelle relazioni e nella vita in generale. E’ stato dimostrato che una persona con un’ intelligenza emotiva elevata ottiene risultati positivi in molti ambiti della vita, sia personale che professionale, traendone di conseguenza beneficio.

È stato anche dimostrato che il quoziente intellettivo, che misura le abilità legate alla logica matematica, alla linguistica e allo spazio, in realtà non determina il successo che una persona potrà avere in un determinato momento della sua vita. Il modello che Goleman ci propone, per lo sviluppo dell’intelligenza emotiva, include abilità, quali il conoscere le proprie emozioni, saperle identificare e dargli un nome, riconoscere le emozioni degli altri, stimolare la motivazione e il saper gestire adeguatamente le relazioni interpersonali. Dunque l’intelligenza emotiva è composta dall’intelligenza interpersonale e da quella intrapersonale, vediamo quali sono le caratteristiche.

L’intelligenza intrapersonale si basa sulla conoscenza di sé, sull’autocontrollo sulla regolazione delle emozioni e della motivazione, comporta, dunque, un adeguato sviluppo dell’autostima con capacità di autovalutazione auto-motivazione, sviluppo di responsabilità, capacità di anticipare le conseguenze di una determinata azione di un determinato momento, tolleranza alla frustrazione e gestione della rabbia, gestione dello stress, identificazione, riconoscimento ed espressione delle proprie emozioni.

Per quanto concerne l’intelligenza interpersonale, essa si basa su abilità comunicative, sulla capacità di considerare nella giusta proporzione gli altri e di averne rispetto, sull’abilità di avere un atteggiamento appropriato nei loro confronti, sull’abilità di fare amicizia, divertirsi e lavorare , problem solving (una capacità molto richiesta sul lavoro). Se ne deduce che l’intelligenza emotiva si riferisce alle abilità che sono sia personali che sociali, in cui le emozioni, loro conoscenza e loro controllo giocano un ruolo molto rilevante.

Claude Steiner, nel 1997, sviluppa la scala di consapevolezza emotiva, in cui viene analizzato il processo col quale comprendiamo le emozioni e le gestiamo. Essa comprende alcune fasi: la prima fase è quella dell’intorpidimento emotivo, in cui la persona sembra non provare nulla, anche se gli altri possono percepire qualcosa grazie delle reazioni fisiologiche che iniziano a manifestarsi nella persona; la seconda fase è quella delle sensazioni fisiche, in cui la persona inizia a notare le loro reazioni corporee, ma non le associa ancora ad un’emozione specifica. Queste due fasi possono generare confusione perché, non riuscendo a percepire la propria emozione, la reazione potrebbe non essere coerente. La terza fase, detta fase di “caos emotivo”, è quella in cui la persona percepisce l’emozione in modo consapevole, ma solo come un livello di energia che non viene compreso nei espresso a parole. A questa fase, segue la differenziazione, che è quella in cui la persona è già consapevole delle emozioni di base e della loro intensità, e quindi le sa distinguere e riconoscere. La quinta fase è quella della causalità, in cui la persona comprende la causa delle proprie emozioni e gli eventi che la innescano, alla quale segue la fase dell’empatia. Quest’ultima comporta la capacità della persona di aprirsi agli altri e di capirli. L’ultima fase è quella dell’interattività, un ultimo livello in cui la persona è in grado di intuire come le emozioni interagiscano nel suo rapporto con gli altri e con se stesso.

In tutto questo processo, è importantissimo essere onesti con se stessi e con gli altri e prestare attenzione a quello che il cuore ci indica come vero. Parliamo qui di onestà emotiva, che ci permette di fare attenzione ai nostri sentimenti, e di riconoscerci come responsabili dei nostri fallimenti. Essere onesti a livello emotivo comporta anche saper riflettere su questi sentimenti e poi agire di conseguenza. Naturalmente, non sempre è facile riconoscere quello che proviamo, soprattutto quando è in contrasto con il nostro pensiero razionale. Ma questo è un passo fondamentale per lo sviluppo dell’ onestà emotiva. Per questo è essenziale, infatti, prendere coscienza dei propri pensieri nello stesso momento in cui si riconoscono e si accettano le proprie emozioni.

Le emozioni, quello che si prova, non devono necessariamente andare contro la ragione, perché, in realtà, la integrano, Solo che non richiedono il suo intervento. Le emozioni andrebbero accettate e riconosciute, mai negate e represse, perché fanno parte della stessa natura umana, dell’essere umano e della vita che lo circonda, che caratterizzano e sulla quale non sono invadenti. Comprendere quello che si prova è un presupposto fondamentale verso la conoscenza vera di se stessi, perché grazie a questa conoscenza si può essere fedele al proprio essere e realizzare il progetto, ontologicamente parlando, che siamo chiamati ad essere.

In tutto questo cosa c’entra il coaching filosofico e cosa può fare il filosofo/guida? Il coaching, innanzitutto, è un processo che cerca di modificare il comportamento delle persone per aiutarle a raggiungere determinati obiettivi. L’intelligenza emotiva diviene uno strumento fondamentale, sia per la guida che per chi ci si affida, per il cambiamento e raggiungimento degli obiettivi, perché non è possibile (né fattibile) ignorare la componente emotiva. Significherebbe osservare la persona solamente a metà e non nella sua completezza. L’approccio olistico della filosofia e del coaching è una caratteristica fondamentale e che si adegua all’essere umano.

Infatti ciò che un individuo è e ciò che fa, come si pone nel mondo, con gli altri e con se stesso, è fortemente influenzato dalle sue emozioni. Inoltre, dato che l’intelligenza emotiva è anche la capacità di gestire in maniera appropriata le emozioni, diventa per il coaching uno strumento fondamentale per guidare la persona verso gli obiettivi che intende raggiungere, proprio perché il coaching si basa sulle relazioni, le quali vengono appunto modificate dalle emozioni stesse. Un buon allenatore sviluppa le competenze dell’intelligenza emotiva che gli consentono di agire come leader e consulente, e nello stesso tempo esplora gli obiettivi e i valori della persona alla quale sta facendo da guida.

Solo col tentativo di comprendere a fondo se stessi l’uomo impara a comprendere l’altro e quindi ad entrare in empatia con lui, il che significa prestargli la giusta attenzione, ascoltarlo. Un atteggiamento di ricerca interiore pone l’uomo ben disposto e aperto verso l’altro. E’ necessario, io credo, insegnare ai bambini e ai ragazzi questa predisposizione alla comprensione di se stessi e degli altri, che le emozioni, anche quelle negative, esistono e fanno parte della vita, che si possono conoscere e controllare. Ma questo è possibile solo con una mente strutturata dalla cultura, solo con un’intelligenza fluida sviluppata e con un ‘anima arricchita dalla cultura. Studiare per formarsi come persona e non per il voto.

Anna Lorenzini.

Navigazione articoli

Attività fisica e abitudine al cambiamento.
Boreale di PaRa

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli recenti

  • Sta scrivendo… di @_gadro_
  • Intervista a Marco Corsa
  • Recensione “Un giorno lento” di libri_e_che_passione88
  • Intervista a Maria Cantarutti
  • Intervista a Veronikque Luce
  • CHI SIAMO.
  • Contatti
  • Cookie Policy

powered by XBlog Plus WordPress Theme