Abbiamo avuto notizia dai media, proprio in questi giorni, della proposta di legge dell’ex ministro Fioramonti che propone di vietare l’uso del cellulare ai bambini di età inferiore ai 12 anni. Il testo
“Disciplina dell’impiego di dispositivi digitali funzionanti tramite
onde a radiofrequenza da parte dei minori di dodici anni e
introduzione dell’articolo 328-bis del testo unico di cui al decreto
legislativo 16 aprile 1994, n. 297, concernente il divieto dell’uso di
telefoni mobili e altri dispositivi di comunicazione elettronica da
parte degli alunni nelle scuole primarie e secondarie di primo
grado”
Come si evince, si parla di tutti i dispositivi digitali a radiofrequenza, il cui uso continuativo provoca “difficoltà di apprendimento, ritardi nello sviluppo del linguaggio, perdita della concentrazione, aggressività ingiustificata, alterazioni dell’umore, disturbi del sonno, dipendenza” e sono solo alcuni degli effetti negativi. Il testo della proposta di legge è di per se abbastanza completo, cita la ricerca di alcuni medici dell’Istituto di ricerca neuro-diagnostica di Marbella, in Spagna, che dimostrò, già nel 2015, come le radiazioni emanate dal telefono cellulare fossero in grado di disturbare l’attività delle onde cerebrali addirittura fino a un’ora dopo il suo utilizzo. Giustamente vengono chiamati in causa a dare appoggio a questa tesi i pediatri che, già da tempo, sottolineano la fragilità del cervello di un bambino rispetto alle onde emanate dai dispositivi. Gli articoli della proposta di legge stabiliscono il divieto assoluto di utilizzo dei dispositivi e dispongono una suddivisione in fasce di età per la possibilità di usarli, ma sempre sotto supervisione dei genitori o chi ne fa le veci, in caso contrario viene applicata una sanzione. Si vieta l’uso di cellulari e altri dispositivi nelle scuole primarie e secondarie di primo grado, si obbliga i genitori ad osservare tali articoli e vengono stabilite le sanzioni a chi non li rispetta. Il tutto per la salvaguardia del processo di crescita psicofisico del bambino di età inferiore ai 12 anni.
Voglio aggiungere, però, se non foste ancora convinti, uno sguardo anche sul danno della dimensione emotiva e relazionale del bambino, ma direi anche del ragazzo – adolescente, provocato da questo uso improprio molto in voga ultimamente del cellulare e dei social. Ovviamente con questi strumenti la comunicazione è diventata veloce ed immediata e in un periodo come la pandemia sicuramente ci ha aiutato a restare in contatto e ad annullare un po’ le distanze, dunque non voglio demonizzarla, ma se non usata correttamente questa tecnologia diventa pericolosa ed alienante anche per gli adulti, non solo per i ragazzi.
Relazionarsi continuamente e per molte ore al giorno con un tablet o un cellulare davanti ai video e ai social pone in una condizione alienante rispetto alla realtà, fino a perdere anche il contatto emotivo con essa. Si impara a cercare nel video una fuga da un’emozione “negativa” come la tristezza perché non si hanno le capacità per sentirla quell’emozione e per esprimerla, nel modo appropriato, relazionandosi con qualcuno, un adulto. Dunque il bambino perde lo scambio interattivo, e questo bambino sarà un adolescente che ha già perso questo scambio costruttivo e il ritorno positivo che ne consegue. La parte del nostro cervello che è sede delle funzioni di apprendimento e che elabora emozioni e pensieri si sviluppa fino da adulti (25 anni circa), perciò proviamo ad immaginare L’interferenza di questi dispositivi sullo sviluppo cerebrale e le sue funzionalità. Per questo, nella proposta di legge, vengono menzionati difficoltà di apprendimento e ritardi nello sviluppo del linguaggio. E ora noi possiamo aggiungere problemi relazionali ed emotivi di alienazione dalla realtà e dissociazione dall’emotività. Per non parlare dell’aggressività che si sta manifestando in questi ragazzi. Assisto in prima persona a scatti d’ira e nervosismo, tramite mie conoscenze, di questi bambini che hanno un’enorme difficoltà se a staccarsi dal cellulare, manifestando vera e propria astinenza, con occhi spalancati e atteggiamento ansioso nel voler riprendere il cellulare in mano. No, non va assolutamente bene, e talvolta molti adulti stessi hanno questo comportamento.
Avevo già trattato in parte l’argomento, ma lo ripeto che gli adulti hanno il dovere di comunicare con bambini e ragazzi i danni cui vanno incontro, loro non lo sanno e siamo noi a doverli guidare in questo senso, anche supportando i genitori che si trovano ad affrontare queste tematiche. C’è bisogno di autorevolezza, perché non è possibile che si contesti qualsiasi decisione di mamma o papà o dei professori, e c’è bisogno di fiducia negli adulti, perché questi ragazzi pendono dalle labbra di ciò che viene comunicato dai video, dai social e le regole del genitore vengono totalmente ignorate, soprattutto quando adolescenti compagni di scuola, magari, si coalizzano tra di loro, e noi? Perché non coalizzarci e allinearci in un progetto educativo volto solo ed esclusivamente al loro bene?
Anna Lorenzini.