“Saggio sull’uomo” è una delle ultime opere del professor Cassirer (1948) e qui egli richiama l’imperativo di socratico “conosci te stesso!“ che, negli anni a lui contemporanei, non è ancora stato risolto, e riprende l’interrogativo kantiano “che cos’è l’uomo?“, definendo, già dal primo capitolo, la conoscenza di sé come il fine più alto dell’indagine filosofica. In questo suo saggio Cassirer mette in evidenza come, nell’età a lui contemporanea, la conoscenza dell’uomo sia entrata in crisi, una crisi che deriva dalla molteplicità delle discipline antropologiche, le quali con le loro specializzazioni, invece che aiutare a chiarire il concetto dell’uomo, lo oscurano; infatti, nonostante la conoscenza dell’uomo risulti arricchita dalla specializzazione di ogni disciplina, la mancanza di un orientamento comune, che sia un punto di riferimento generale al quale ricondurre tutto questo sapere, fa sì che le indagini specialistiche procedano slegate tra di loro, causando con molta probabilità una visione frammentata dell’uomo, diviso nelle molte prospettive, tutte esatte, tutte pertinenti al concetto di uomo e alla conoscenza di se stesso, ma nessuna esaustiva di per se stessa!
Questo perché ogni disciplina affronta il problema dal proprio punto di vista e con metodi specifici e così, come risultato, l’uomo rischia di essere scientificamente smembrato senza un quadro generale da cui osservarlo e sullo sfondo del quale collegare le diverse prospettive che lo riguardano. Nell’integrazione delle varie discipline tra di loro, il rischio di un concetto d’uomo smembrato è parzialmente accantonato, ma ad uscirne accantonata dall’ambito antropologico potrebbe essere la filosofia, proprio per l’elevata competenza delle specializzazioni in materia d’uomo, che porta inevitabilmente la filosofia o ad affiancarsi ad uno di loro oppure ad assumere la funzione di quadro generale, di cui sopra, tra le varie discipline.
Ma la domanda “che cos’è l’uomo”, è una domanda che riguarda appunto l’uomo in quanto tale e quindi proprio per questo non potrebbe essere nemmeno posta senza la filosofia, ed io in questo sono più che d’accordo in quanto ritengo, e l’ho più volte ribadito anche in altre occasioni e in altri pezzi, che tutto ciò che riguardi l’uomo riguarda la filosofia. Cassier in questo saggio afferma che “l’uomo è per eccellenza inevitabilmente argomento della filosofia“ e che è necessaria l’elaborazione di un antropologia filosofica adatta e competente anche rispetto alle specializzazioni delle nuove discipline, per questo ho deciso di dedicargli, nel mio piccolo parole ed attenzione, per ribadire questo concetto e l’importanza che la filosofia ha; si tratta, dunque, per il professore, di fare della filosofia l’orientamento comune, il punto di riferimento mancante in grado di organizzare le conoscenze sovrabbondanti sulla realtà umana, proprio perché a fare da sfondo alla situazione culturale a lui contemporanea vi è una carenza dell’indagine filosofica che porta il bisogno di un’antropologia che sia filosoficamente impostata: l’antropologia filosofica che egli elabora sotto il titolo di filosofia della cultura umana, di cui questo saggio vuole essere l’introduzione. Non so distinguere quanto questo concetto nasce in me in modo naturale e quanto sia il figlio dei miei studi di filosofia e della stessa antropologia filosofica, perché sono passati davvero molti anni, ero una studentessa universitaria all’epoca, di sicuro è nel mio DNA la concezione che la filosofia riguardi ogni aspetto che riguarda l’uomo, compresa la vita quotidiana. Ma credo che io abbia iniziato a sviluppare questa convinzione già dal liceo classico. Quando uno studio ti forma come persona ha portato a termine il suo compito più altro: costruire la persona, e non importa il voto dell’esame!
Ma torniamo al nostro saggio, come scrive lo stesso Scheler ne “La posizione dell’uomo nel cosmo“, citato in questo saggio a pg 75,
“In nessun altro periodo della conoscenza umana l’uomo è divenuto così problematico a se stesso come ai nostri giorni. Abbiamo un’antropologia scientifica, un’antropologia filosofica e un antropologia teologica che si ignorano a vicenda. Così non possediamo più una qualche idea concreta di quello che l’uomo è. Nella loro sempre più grande molteplicità le discipline particolari applicatesi allo studio dell’uomo, più che chiarire il concetto, lo hanno oscurato e reso confuso“.
Cassirer assegna alla filosofia l’ambito totale dell’esperienza umana e rende così filosoficamente rilevante ogni aspetto dell’azione umana, giungendo a questa conclusione dopo essersi inserito nella polemica a lui contemporanea, tra speculazioni matematiche e scientifico-naturali ed inserendosi nelle discussioni relative alle scienze dello spirito.
Come abbiamo detto all’inizio, la conoscenza di sé è per Cassier il fine più alto dell’indagine filosofica, e mette in rilievo come sia rimasto costante tra le varie scuole di pensiero nel tempo; conoscenza di noi stessi, però, che oggi è profondamente in crisi, in quanto causata dalla dimenticanza di sé da parte dell’uomo che risulta impegnato a costruire il suo mondo della cultura. Per cui l’obiettivo di Cassier è quello di riportare l’uomo alla consapevolezza, alla coscienza di sé che ha perduto. Soltanto in questo modo, sostiene, la crisi culturale che lui stesso osserva potrà trovare una soluzione, perché se le scienze antropologiche non si stanno interrogando sull’uomo, ma studiano i fatti umani, allora dimenticano l’oggetto vero della loro speculazione, l’uomo e dunque, come dicevamo all’inizio, non chiariscono il concetto dell’uomo e della conoscenza di sé ma anzi lo oscurano ancora di più, così come lo stesso Sartre ammonisce l’antropologia che non fa altro che studiare l’oggetto e non l’uomo. Cassier scrive che, se si vuole dare una definizione dell’essenza dell’uomo, questa definizione deve avere un carattere funzionale non sostanziale (Saggio sull’uomo, pg.114), nel senso che la principale caratteristica dell’uomo è la sua opera, intendendo con questo termine l’insieme delle attività umane che sono proprie della sfera dell’umanità, ovvero religione, arte, mito, linguaggio, scienza, storia, tutte considerate opera umana proprio perché tipiche dell’operare, del fare umano. L’antropologia deve essere una filosofia dell’uomo e quindi deve far conoscere a fondo ognuna di queste attività umane, ma nello stesso tempo le deve considerare come un tutto costituente l’uomo, come un insieme, non come opere separate tra di loro. Dunque una filosofia dell’uomo deve far conoscere a fondo ognuna di queste attività e proprioall’interno del suo Saggio vengono analizzate.
E dunque la filosofia dell’uomo deve far comprendere queste diverse formazioni culturali specifiche e mostrare che esse sono unite sullo sfondo di una guida comune, partendo dalla considerazione dell’uomo come loro artefice e la filosofia delle forme simboliche soddisfa questo duplice compito, nella prospettiva unitaria della filosofia della cultura umana.
Anna Lorenzini.
FONTI: – Saggio sull’uomo, E. Cassirer, 1948, Armando Editore; – La posizione dell’uomo nel cosmo, M.Scheler, traduzione dell’edizione originale del 1928, Franco Angeli – filosofia; Il problema dell’uomo, M.Buber, 1943, Marietti 1820 (in copertina).