Ho già parlato in un articolo della storia di Maometto e della nascita dell’Islam, tutto in sintesi ovviamente, in questa serie di articoli voglio parlare in toto del Corano.
In questa prima parte tratteremo il contesto geografico e storico in cui nasce, ripercorreremo la storia del Profeta confrontando le fonti storiche che attestano o meno la sua reale esistenza.
Ovviamente per fare ciò dobbiamo ripercorrere quello che in parte avevamo già trattato nel precedente articolo su Maometto e sulla nascita dell’Islam: il contesto storico e sociale in cui visse e in cui si è formato il libro sacro per i musulmani.
Il Corano, in arabo القرآن, al-Qurʾān; letteralmente: “la lettura” o “la recitazione salmodiata”, si forma in un ambiente geografico noto come Higaz, che significa “barriera”, altopiano desertico sulla costa occidentale dell’Arabia prospicente al Mar Rosso nel VI-VII secolo d.C. Un ambiente dove accanto a oasi fiorenti, chiamate wadì al-qurà, letteralmente “valle delle oasi”, si trovavano nell’Higaz due centri abitati da popolazioni sedentarie formate per lo più da mercanti: La Mecca e Yathrib, in seguito Medina.
Altre popolazioni stanziali si trovavano anche nell’Arabia Felix termine latino corrispondente al greco Eudaimonia Arabia, che designa le regioni più meridionali della Penisola Arabica che costituiscono oggi gli Stati dello Yemen e dell’Oman, questi popoli avevano frequenti scambi mercantili e culturali con la vicina Etiopia cristiana. Influssi cristiani giungevano dunque in Arabia da due zone, da sud e da nord. A settentrione fiorivano dei “regni” cristiani arabi presso il limes bizantino e persiano: quello nestoriano di Hira vassallo dell’Impero Persiano e quello monofisita di Gassan vassallo dell’Impero Bizantino.
Bisogna aggiungere che vi erano inoltre colonie ebraiche sia nello Yemen che nelle “città oasi” dell’Arabia occidentale: a Yathrib abitava un forte nucleo di vari clan ebrei.
Dato però la posizione periferica dell’Arabia l’eco delle grandi religioni monoteiste ancora non era ben radicato, anzi, per esempio notizie sulla trinità cristiana arrivavano vaghe e soprattutto da fonti monofisite, nestoriane e gnostice. (Vedi Monofisismo, Nestorianesimo, Gnosticismo)
Il politeismo arabo d’altro canto non differiva molto da quello semitico. Il Corano nella Sura 71 cita alcuni nomi di idoli del Panteon Preislamico: Wadd, Suwa, Yagut, Ya’uq, Nasr, facendoli risalire addirittura ai tempi di Noè.
A La Mecca particolare venerazione vi era per la Pietra Nera, forse un meteorite, aveva talmente importanza che il Dio Hubal, di cui esisteva un idolo vicino al reperto, veniva chiamato comunemente Allah, appunto Dio in arabo. Altri idoli degni di importanza erano Manat, al- Uzzà, e Allat, quest’ultimo termine è il femminile di Allah.
La situazione privilegiata a livello commerciale de La Mecca , situata sulla via che univa l’Arabia Felix all’Impero Bizantino, le grandi fiere annuali che si svolgevano nelle sue vicinanze e il culto della Pietra Nera nel santuario detto Ka’ba, o Caaba, che significa “Edificio Cubico”, contribuivano a dare alla città una grande importanza religiosa che culminava con il pellegrinaggio panarabico.
I riti più significativi che si compivano a La Mecca era la “’umra”, pellegrinaggio al santuario del Dio Hubal con relative cerimonie quale la “tawaf”, circumnavigazione intorno al luogo sacro al grido di “labbayka”, letteralmente “eccomi, eccoci a te”, e il pellegrinaggio Hagg alla vicina ‘Arafat con la corsa impetuosa verso la località di Muzdalifa. Sembra che in età più arcaica vi fossero anche sacrifici umani.
Il servizio della Ka’ba era affidato a personaggi influenti de La Mecca, che si tramandavano lucrosi incarichi da padre in figlio, tra i quali vi erano il “siqaya”, “sidana” e molti altri.
Ma nell’era preislamica non vi fu mai una vera e propria forma di sacerdozio di stile ebraico-cristiano, il termine “kanin”, che in ebraico e in fenico “kohen” prese il senso di Sacerdote, in Arabia era riferito soprattutto agli indovini che scrutavano il futuro, capaci di vedere l’ignoto.
Ancora frequenti tra gli Arabi erano le pratiche magiche, (le troviamo nelle Sure II, 189; 5, 103; 133, 4 e altre) e la credenza accolta dal Corano dei Ginn: folletti buoni o cattivi, per un certo aspetto simili alle creature angeliche cristiane ma dotate di sesso, che potevano aver rapporti con gli uomini. Inoltre i pagani dell’Arabia erano contrarissimi all’idea della resurrezione dei corpi, per loro era una follia.
L’importanza del paganesimo preislamico al tempo di Maometto non sta quindi nella religiosità in sé, bensì nel maturarsi di una coscienza nazionale panaraba che si andava formando in taluni centri religiosi, prima tra tutti La Mecca.
La vita oramai priva di spiritualità creò una profonda crisi del politeismo in quel mondo, questo lo possiamo vedere anche leggendo il Corano con l’avvento dei primi Hanif, un nome di etimologia incerta, predicatori che prima o contemporaneamente a Maometto praticavano un monoteismo che si distingueva sia da quello ebraico che cristiano, tra i nomi più citati di questi Hanif ci sono: il poeta Ummaya Ibn ‘s-Salt e Wàaraqa ben Naufal.
In questo ambiente nasce Maometto, tra il 567 e il 572 d.C., citarlo come autore del Corano per un musulmano è cosa profana, difatti la Teologia islamica afferma che il Profeta è solo la mano di Dio che tramite lui ha dettato il suo volere, la sua rivelazione agli uomini.
Le fonti per accertare la realtà storica di Maometto sono due: Il Corano stesso, seppur scarso di cenni autobiografici, è considerato comunque dagli storici islamici fonte certa, e la cosiddetta Sira, ovvero la “vita modello” del profeta scritta da Ibn Ishaq ma rielaborata da Ibn Hisam. Essa contiene tradizioni biografiche sulla vita di Maometto.
Molti orientalisti dubitano però che le sopracitate siano vere e proprie fonti storiche, optando per il valore divulgativo al fine dottrinale: negli Annali dell’Islam Leone Caetani (Roma 1869 – Vancouver, Canada, 1935) arriva alla conclusione che non si può trovare nessuna fonte che accerti l’esistenza di Maometto, sostenendo che si possono scartare, in quanto apocrifi, tutti i materiali che possediamo. Caetani arriva anche a sostenere la tesi di Paul-Louis Crouchod (Vienne (Francia), 6 giugno 1879 – Vienne (Francia), 8 aprile 1959) sulla negazione dell’esistenza del Gesù storico.
Mi sembra strano però a dire il vero, opinione mia, tornando a Maometto, che un popolo di grande memoria, ricco di annali e tradizioni come quello arabo ai tempi del Profeta, non avesse fonti certe sull’esistenza di un personaggio di così grande caratura solo 80 anni dopo la sua morte, tanto da inventarsi di sana pianta un personaggio che non avrebbe avuto un ruolo concreto nella storia.
Tornando a ciò che ci è stato tramandato su Maometto, che sia veritiero o meno come al solito probabilmente non lo sapremo mai, egli nacque come detto tra il 567 e il 572 d.C.
Figlio di Abdallah, che secondo la tradizione sarebbe morto prima della sua nascita, e di Amina che morì, sembra, quando il Profeta aveva solo 6 anni. Questa condizione di orfano il Profeta la espone nel Corano: Sura 93, 6.
A seguito sarebbe stato educato per un breve periodo dal nonno paterno Abd al-Muttalib, morto due anni dopo Amina, a quel punto Maometto sarebbe stato posto sotto la tutela dello zio, Abu Talib.
Non viveva in una famiglia agiata, dovette lavorare sin dalla tenera età servendo come pastore presso alcuni parenti. Ciò di per sé non avrebbe nulla di impossibile visto che anche secondo la tradizione teologica ebraico-cristiana molti profeti sarebbero stati pastori: Vedi Davide figlio di Iesse in primis.
La situazione economica per Maometto cambiò quando sposò l’abbiente vedova Hagida, che sarebbe stata più vecchia di lui di circa 15 anni. La tradizione vuole che ella avesse impiegato prima il Profeta come fiduciario, dato che era noto per la sua fidatezza, era chiamato Al-Amin, “L’Affidabile”, nonché per la sua onestà e che in questa veste egli abbia fatto numerosi viaggi con la carovana della sua futura moglie.
C’è una domanda importante che molti non si fanno: Maometto fu pagano nel periodo preislamico? Accettò quindi in tutto e per tutto le tradizioni locali?
Sembra proprio di sì, vero è che l’unica fonte è il Corano, ma non si vede il perché essi avrebbe dovuto mentire sul suo passato, quindi se si considera il libro sacro come storicamente valido, fino a che punto poi è da discutere ma niente fa pensare il contrario.
Bene la prima parte dell’articolo è terminata, nella prossima parte tratteremo di Maometto nel periodo delle rivelazioni e del valore del Corano nella tradizione passata e di oggi.
Nella terza parte invece parleremo della struttura del Corano, come si articola, come va letto, la cronologia delle varie Sure ecc.
Spero che questo dettagliato incipit vi sia piaciuto e vi sia stato utile per una necessaria introduzione.
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