L’idealismo è la massima incarnazione del Romanticismo filosofico che, superando i limiti kantiani della conoscenza, apre le porte ad una nuova metafisica dell’infinito. Sono i critici di Kant a preparare il terreno all’Idealismo che siamo abituati a studiare, nato con Fichte, i quali si pongono l’obiettivo di stabilire un principio unico su cui basare una nuova e solida filosofia, cercando di superare il dualismo kantiano tra noumeno e fenomeno.
Termine utilizzato già a metà del XVII secolo per indicare la dottrina platonica delle Idee, in questo senso riscuote poco successo, ma successivamente viene utilizzato in due significati prevalenti: idealismo gnoseologico e idealismo romantico. Il primo, tipico delle filosofie moderne e contemporanee, sta ad indicare col termine “idealista” chi ammette solo un’esistenza ideale dei corpi, un’esistenza nell’anima, e ne nega la realtà, così come nega la realtà del mondo. Con idealismo gnoseologico vengono indicate le correnti di pensiero per cui l’oggetto della conoscenza è, dunque, idea o rappresentazione. La seconda accezione, idealismo romantico o assoluto, indica la filosofia post-kantiana, nata in Germania durante il Romanticismo, appunto, e giunge fino alla filosofia moderna e contemporanea non solo tedesca, ma di tutta Europa, che vede in Fichte e Schelling i suoi fondatori, i quali lo denominarono Idealismo trascendentale.
Ma è Kant che introduce in filosofia definitivamente questo significato “è la teoria che dichiara l’esistenza degli oggetti nello spazio fuori di lui o semplicemente dubbia e indimostrabile o falsa e impossibile” (Critica della Ragion Pura…), distinguendo tra un idealismo materiale e un idealismo trascendentale, e quest’ultimo rispecchia la sua propria dottrina dell’idealità trascendentale dello spazio, del tempo e delle categorie, dottrina che permette poi di confutare questo stesso idealismo in favore del realismo. Anche se questa confutazione o presa di posizione, per meglio dire, è più esplicita nella seconda edizione della Critica, come vedremo.
Ciononostante, i critici immediati di Kant, criticando il concetto di “cosa in sé”, come accennavamo prima, sostengono che è la coscienza la condizione indispensabile del conoscere, in quanto la realtà di cui siamo consapevoli esiste come rappresentazione della coscienza stessa, quindi l’oggetto esiste solo in relazione al soggetto che lo rappresenta. E allora si può ammettere la “cosa in sé” indipendentemente dal soggetto? La risposta di questi filosofi è, ovviamente, no.
La differenza tra le due edizioni della Critica ci fa capire come la posizione di Kant effettivamente non fosse proprio quella descritta dai suoi critici che, nel kantismo, vedono l’oggetto (il fenomeno) semplicemente come rappresentazione e la rappresentazione come coscienza. Ma, per Kant, il fenomeno è l’oggetto della rappresentazione e non la rappresentazione stessa, quindi è un oggetto reale, “appreso tramite il corredo mentale delle forme a priori” (Abbagnano, appunti su Kant).
Come anticipato all’inizio, dunque, l’idealismo in filosofia è un’accezione che indica le correnti di pensiero del mondo che affermano un mondo ideale su quello materiale, un carattere spirituale su quello della realtà. L’idealismo trascendentale, così come denominato da suoi fondatori, da essi stessi fu anche detto “soggettivo” o “assoluto”. Trascendentale perché l’ “io penso” diviene il principio fondamentale della conoscenza; soggettivo, in contrapposizione alla visione di Spinoza della realtà come oggetto; assoluto, per avallare la tesi l’Io o Spirito è il principio unico di tutte le cose, al di fuori del quale non vi è nulla. Affermazione portante dell’idealismo romantico.
Fichte cambia il piano della speculazione filosofica, non più il piano della conoscenza (gnoseologia), ma quello metafisico dell’essere, respingendo la nozione di qualsiasi cosa al di fuori dell’Io, che è invece la fonte di tutto ciò che esiste: “tutto è Spirito”. Per Spirito (Io, Assoluto, Infinito, tutti sinonimi in questa visione) Fichte intende un’entità libera, razionale e autocosciente, un’entità che crea tutto ciò che esiste e che è priva di limiti esterni. Il suo pensiero rielabora la filosofia di Kant attraverso l’idea pratica della libertà come unico fondamento della filosofia, per cui nella “Dottrina della scienza” elabora una filosofia trascendentale, secondo la quale il principio del sapere è un atto spirituale originario e la filosofia ha il compito di portare alla luce le “azioni originarie” che rendono possibile il sapere della coscienza. Quindi in Fichte prevale la libertà dell’Io infinito e creatore. Shelling vi si oppone affermando che la Natura non è subordinata allo Spirito, ma ne è identica. Per cui la Natura, per Schelling è un organismo capace di autoriprodursi in gradi sempre più complessi, ed opera con forze uguali ai principi attivi dello Spirito umano.
Ai due filosofi è d’obbligo dedicare capitoli specifici, ma quello che in questa sede ci interessava comprendere e come il concetto di idealismo nasca prima di quello che comunemente conosciamo, sviluppatosi in Germania all’inizio dell’800, e come assuma significati diversi, che sfumano tra di loro creando un filo conduttore che, nel significato moderno di idealismo, da Kant conduce alla nascita dell’Idealismo trascendentale, fino al maggior rappresentante dell’idealismo tedesco, Hegel. Pur essendoci una base comune sull’interpretazione della realtà, attraverso lo Spirito e l’Infinito, gli idealisti si differenziano tra di loro per il modo di concepire l’Infinito e il suo rapporto con il finito, identificato con la natura e la storia.
E’ Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) ad essere la massima espressione dell’Idealismo. Per idealismo Hegel intende la non-realtà del finito, dunque una filosofia che non riconosce il finito come un vero essere. Il suo primo scritto filosofico pubblicato è la “Differenza dei sistemi di filosofia di Fichte e Shelling” nel 1801, dedicato ai due filosofi, e lo vede schierarsi con l’idealismo di Shelling, che interpreta come vero idealismo in quanto soggettivo ed oggettivo ad un tempo, mentre la sua grande opera “Fenomenologia dello Spirito” del 1807 lo vede distaccarsi da quest’ultimo e dalla sua dottrina.
Anna Lorenzini.