La percezione di ciò che avviene dentro di noi è cosa difficile e rara, l’unica cosa che può aiutarci ed indicarci una strada in questo senso è lo sguardo, ma deve essere come quando guardiamo la persona che amiamo, amiamo davvero dico, uno sguardo innamorato, spettatore silente e curioso della bellezza che sta ammirando: l’anima! Volgere lo sguardo dentro significa osservare le nostre emozioni, cosa che, io credo, porta all’accettazione e alla comprensione delle emozioni stesse. Il rifiuto non è la strada giusta, e allora? Qual è il problema? Cosa ci spaventa davvero? Il sentire… Provare un’emozione è qualcosa che porta con sé un carico importante e permettersi di sentirla significa anche accettarla e lascia aperte milioni di possibilità, milioni che forse spaventano.
L’uomo è un essere complicato, caratterizzato da infinite possibilità intellettive e, proprio per questo, per certi versi è davvero stolto quando limita queste possibilità, cadendo nello stato del non-vero, del non-sentire. L’era dei social, degli stati e delle storie condivise ha sicuramente agevolato una comunicazione più fluida, più frequente, ma il rovescio della medaglia è che si tratta di una comunicazione “indiretta” che dimentica il contatto personale e il cui interlocutore è in primis lo schermo, poi le persone. In questo contesto regna indiscusso il concetto di felicità: ogni post, ogni storia, ogni stato personale deve mostrare quanto sei felice o quanto sei sorridente nella vita o quanto sei solare. E arriva a questo punto l’apprezzamento collettivo proprio perché sei “sempre solare”. Ma voi vi sentite davvero mono-emozionali? Siete così certi di sentirvi a vostro agio in un’unica definizione del vostro modo di essere? Io no! Io non mi rispecchio in un sola definizione e credo proprio che sia contro natura dell’essere in sé il volerlo racchiudere in una parola. L’uomo preferisce vivere nella finzione di essere felice, preferisce che gli altri lo credano felice, e per questo sacrifica il proprio essere in una gabbia. Con uno sguardo profondo verso noi stessi possiamo avere maggiore consapevolezza delle nostre sfumature d’essere e quindi possiamo acquistare maggiore coerenza nella comunicazione con gli altri rispetto al nostro stato d’animo, senza sfalsarla completamente solo perché va di moda così o perché gli altri ci vedano in un determinato modo, che poi è una falsità.
La bellezza dell’anima sono le sue sfumature e la capacità di viaggiare dall’una all’altra sopra il tempo, sono le emozioni, belle e brutte, e allora perché nasconderle, perché rifiutare un’emozione di tristezza, per fare un esempio. Non è meglio sentirla e viverla e, perché no, esprimerla? Certo sempre nel rispetto degli altri, questo è ovvio. Definire l’essere in un modo solo significa sminuirlo, definire l’anima in un modo solo significa sminuirla e bloccarla in un concetto statico che non può rappresentare l’uomo in nessun modo, uomo che è un essere in continuo divenire. E guardarsi dentro significa prendere consapevolezza di questo e dell’emozione che in quel momento mi caratterizza, in quel momento però, perché magari un momento dopo provo un’emozione diversa.
Proprio in questi giorni, mi sono trovata ad esprimermi sull’argomento in una conversazione in cui si parlava di rapporti, nello specifico genitori-figli, e si pretendeva una relazione statica, in cui l’unico sentimento ammesso (da parte del mio interlocutore) era la felicità e il figlio non poteva essere triste, né arrabbiato o altro. Ovvio che non è possibile una relazione così lineare, non esiste e non sarebbe nemmeno salutare; un rapporto mono emozionale in cui proprio chi ha il compito di educare sentimentalmente insegna, invece, già da piccoli che non è buono provare un sentimento diverso dalla felicità, che questa cosa va corretta. Proprio chi deve preparare la strada alla vita reale, fatta di emozioni, ha il compito di insegnare a sentirle e ad accoglierle, in modo da poterle sostenere, da adulti, in ogni situazione, da saperle sentire, senza fuggire, e canalizzare nel modo giusto, così in modo da sapersi comportare. Saper accogliere e gestire una rabbia, dandole sfogo nel modo opportuno, così come saper accogliere una felicità vera e piena, questo credo sia un buon punto di partenza per vivere emozionandoci.
Anna Lorenzini.